L’idea
Nel nome del Copy è un progetto che nasce dalla necessità di riportare la parola (scritta, parlata, recitata) al centro del dibattitto comunicativo contemporaneo. Perché mai, come ai nostri giorni, la parola è tornata al centro di un dinamico processo di “centralismo” che, senza strumenti e competenze, rischia di fare più male che bene. Giuseppe Mazza, nell’introduzione al libro «Cose vere, scritte bene» (Franco Angeli) ricordandoci la deontologia dei pionieri della pubblicità, ci dice che «nel panorama contemporaneo, grazie a web e social network, la scrittura è tornata al centro della scena».
Ma è anche vero che, soprattutto in Italia, la parola ha perso la sua volenterosa potenza e nel Paese dove la percentuale degli Analfabeti Funzionali (AF) è la più alta dell’Unione Europea e la quarta nel Mondo, dopo Indonesia, Cile e Turchia sembra che tutti, ma proprio tutti, la sappiano ammaestrare come desiderano e per i propri scopi. Con risultati disastrosi evidenti: creatività sempre uguali a sé stesse, click-bait esasperato, misinformazione e post-verità, perdita di credibilità nella pubblicità e nell’informazione generalista), assoluta, o quasi, assenza di opinion maker di riferimento.
Dall’originalità alla standardizzazione
Attraverso il web e i social network, siamo passati da una contagiosa e prolissa originalità a una standardizzazione della comunicazione contemporanea; se a qualcuno può sembrare fruttuosa in termini di “monetizzazione” (fare i soldi), il rischio è che ci stia accompagnando verso il baratro della post-verità dove tutto è vero se lo credo vero e non se è vero perché è accaduto, provato dai fatti, riscontrato con dati, accertato dalla solidità delle promesse. Nel corso degli ultimi due secoli, il dinamismo comunicativo ci ha portati a coniare termini (e consolidare professioni) quali Public relator, Speechwriter, Ghostwriter, Portavoce, Spindoctor, Addetto stampa, Storyteller, Storywriter, fino al 2004, quando Larry Light coniò il termine Brand Journalism. Tutti termini che hanno a che fare -e professioni che lavorano- con la parola. Parola che, come detto, deve tornare al centro del dibattito per la sua naturale e immortale freschezza soprattutto nell’Era delle keyword, della SEO, delle ricerche organiche, della menzogna politica, dei dibattiti casinisti, della script television, dei post sponsorizzati dove il tutto diventa niente e il niente diventa tutto.
Nel nome del copy, la genesi
Nel nome del Copy nasce dalla mia personale esperienza nel campo della comunicazione e della formazione con l’intento di aprire una finestra sul panorama della comunicazione contemporanea non con la pretesa di cambiare il modo (i modi) con cui stiamo comunicando, ma con la speranza di offrire spunti di riflessione sull’utilizzo che facciamo, noi operatori del settore, del principale strumento del nostro lavoro adattandolo, certo, ai nuovi strumenti che abbiamo a disposizione, con la consapevolezza che il pubblico, fruitore delle nostre attività quotidiane, merita di tornare ad essere il fine del nostro operare giornaliero e non sia considerato solo attraverso numeri, statistiche, analisi, big data; per dirla semplice, dei click con cui far di conto alla fine del periodo preso in considerazione dai Piani editoriali. Questa modalità di percorrere le nuove strade della comunicazione stanno creando mostri che sarà sempre più difficile combattere se non rimettiamo al centro di tutto il Significato, inteso nella sua saussuriana accezione.
Buona lettura!