Non di solo Google vive la ricerca

Non di solo Google vive la ricerca

Girarci intorno non serve a nulla: se state leggendo è perché siete ossessionati da Google. O meglio, dalla “search engine” di Google, il primo servizio, e quello che l’ha reso famoso, dell’azienda di Mountian View. I dati sono granitici: oltre l’80% delle ricerche effettuate nel mondo sui motori di ricerca è eseguita su Google.

Tutto (o quasi) ciò che viene prodotto per mostrarsi nel web è Google oriented: deve piacere a BigG, punto e basta. E non sempre ciò che piace a Google è, a conti fatti, ciò che a noi serve. Per quanto mi riguarda, nel 99% dei casi, alla prima ricerca che effettuo su Google il risultato ottenuto nelle prime dieci posizioni non rilascia mai quello che, più o meno, vado cercando. Già alla seconda ricerca, affinando le parole chiave e utilizzando gli “operatori di ricerca” mi avvicino un po’ di più. E così via: passetto dopo passetto arrivo dove volevo arrivare. E a trovare quello che stavo cercando.

Non sto parlando, naturalmente, di fare ricerche sulle “frasi celebri” per arricchire di un’aurea letteraria un post, o sulle “condizioni meteo” del giorno dopo o del fine settimana per sapere se andare al mare o restarmene a casa. Parlo, naturalmente, di ricerche approfondite, professionali, che rilascino non solo un risultato utile alla mia richiesta, ma una serie di approfondimenti centrati, direttamente collegati, che abbiano una consecutio logica pertinente. Strumenti, in sintesi, per ricercatori.

Chiacchierando con molti professionisti della parola (giornalisti, copywriter, scrittori) mi sono accorto che l’egemonia di Google non solo è pandemica, ma è anche controproducente. È pandemica nel senso etimologico del termine: infetta, velocemente, e sempre più su vasta scala, le sinapsi del nostro cervello. Tanto che le ricerche “mirate” si fanno utilizzando in maniera spasmodica gli operatori di ricerca. Sempre restando su Google. Quasi che provare “altro” sia una blasfemia. È controproducente perché, in soldoni, fa perdere un sacco di tempo. L’esatto contrario di quello per cui utilizziamo il motore di ricerca.

Da qualche tempo ho iniziato a utilizzare Google per trovare i suoi diretti concorrenti per quegli ambiti che più mi servono per il mio lavoro quotidiano. Ho trovato tantissimi strumenti utili (non solo motori di ricerca). Li ho salvati tra i preferiti e, oggi, sono lì pronti all’uso senza dover passare da BigG. Inizio parlandovi di quelli che ho scovato per primi e che, per amore del mestiere, servono in particolar modo ai giornalisti.

Cinque motori di ricerca utili ai giornalisti:

WolframAlpha: rilascia una quantità di informazioni impressionanti. È aggiornatissimo. Ed è gratis. Per sapere tutto, o quasi, su un argomento di cui dovete scrivere.

Webhose.io: nato dalle ceneri di Omgili (Oh my god I love It) che era gratuito, Webhose è gratuito fino a 1.000 richieste al mese, poi a pagamento a seconda del numero di richieste che effettuate. Che richieste? Tutto, ma proprio tutto a seconda della vostra ricerca specifica: notizie, blog, discussioni on line, recensioni, dati storici.

Social Searcher: probabilmente molti conoscevano già “social-mention”, piattaforma molto utile, soprattutto per i brand. Social-Searcher ha ampliato la ricerca sui social network (Facebook, Linkedin, Instagram, Dailymotion, Vimeo, tutti insieme) agli utenti e ai trends.

European Data Search Engine: trovare i dati che ci servono negli archivi dell’Unione Europea è sempre difficile. Le oltre 800mila statistiche disponibili sono state raccolte dall’Osservatorio Balcani Caucaso e trovarle con questo motore di ricerca dedicato è velocissimo.

Scinapse.io: se siete tra quelli che fanno un gran uso di Google Scholar, allora Scinapse è per voi. Un motore di ricerca accademico che si vanta di essere “migliore di Scholar”. La ricerca rilascia un’infinità di collegamenti anche con portali e siti accademici cinesi.